La crisi del dating c’è sicuramente, non è una invenzione dei detrattori o di chi non sopporta questa modalità di incontro fra persone. Ma a dimostrare che lo spazio per nuovi player esiste, c’è anche lo straordinario successo di Raya, ovvero dell’app di dating per i VIP (Anche se non tutti coloro che la utilizzano sono VIP): la lista di attesa oggi è di 2,3 milioni di richieste. Niente male per un’app che in fondo non solo è disponibile solo su IOS (Apple), e nemmeno in molti paesi. Ma andiamo con ordine.
Raya è stata fondata nel 2015 da Daniel Gendelman, giovane imprenditore di origine ebraica, in quel momento alquanto depresso per il fallimento della sua precedente startup.
Gendelman è partito dalla convinzione, appunto, che la crisi non è delle app di dating ma del modello di dating che le app propongono. Così ha deciso di cercare di rinnovare la modalità d’approccio, sfruttando, nel suo caso, il FOMO, cioè la paura che la maggior parte delle persone ha di perdersi qualcosa di importante.
Detto in altre parole, se una cosa, qualsiasi cosa, diventa difficilmente accessibile, ecco che tutti pretendono di averla. Nel caso di Raya, di entrare a farne parte. La lista di attesa di oltre due milioni di persona lo dimostra in modo chiaro.
Ma da dove deriva questa fama, per Raya, e da dove la marea di richieste di entrare a far parte della lista di utenti? La risposta è semplice.
Gendelman ha avuto l’accortezza di stendere una lista di requisiti, per poter essere accettati, di tale complessità da aver trasformato Raya nell’app delle persone famose.
Tanto per cominciare, si entra solo su invito o, quanto meno, se presentati da un utente già attivo. Poi in ogni caso la domanda viene esaminata da un comitato di utenti storici e famosi. E questo esame comprende una marea di dati, non ultimo il numero di follower (il numero di follower è l’esatta misura della fama, oggi), la reputazione sul web e la lista di contatti e di attività in Linkedin. Ma non finisce qui, ci sono tanti altri requisiti, molti dei quali ancora poco noti, perché l’accettazione o meno delle richieste non viene motivata. È un sì o un no secco, senza appello. Fatto sta che si dice che solo l’8% delle domande viene accettata.
Il costo dell’abbonamento non è eccessivo, anzi, si può dire che siamo quasi nella fascia bassa, visto che parte da 25 euro al mese per arrivare a un massimo di 50 euro.
Gendelman ha avuto l’intelligenza di lavorare molto sulla fama di app dei Vip, tanto da fondare una feature chiamata Work che serve proprio per creare occasioni di incontro lavorativo fra gli utenti. Stesso scopo hanno una serie di eventi dal vivo, che hanno più la forma del networking che di incontri per dare vita a relazioni affettive.
Fatto sta che i pareri degli utenti sembrerebbero favorevoli a Raya, e anche se qualche voce di dissenso e qualche lamentela trapela, il clima è abbastanza di supporto allo sforzo fatto da Gendelman.
Ma di questi pareri diciamo che c’è poco da fidarsi. Il decalogo di Raya non solo vieta qualsiasi forma di screeshot, ma addirittura perfino di parlare e raccontare la propria esperienza. In altre parole tutti pareri raccolti da numerose testate sono rigorosamente anonimi e, per maggiore sicurezza, anonimi.
Ultimo tassello, per comprendere bene Raya, la privacy.
Fino a ora non sono state registrate fughe di dati, almeno non in forma preoccupante. E anche se l’app non sembra criptare le conversazioni end to end.
Al momento le città dove Raya ha maggiormente attecchito sono New York, Los Angeles, Londra. Sporadica la presenza di italiani.