Alla Gen Z piace sempre più il matrimonio

Ok, lo sappiamo, abbiamo esagerato, ma solo di un filo. Resta il fatto che una ricerca compiuta nel mese di aprile dalla società Ai Joy Ai sta facendo discutere esperti di varie materie.

Dalla ricerca è emerso che il 10% degli appartenenti alla Gen Z sarebbe disponibile a sposare una IA, mentre ben l’83% afferma di credere di poter sviluppare una relazione affettiva con una IA (E di lì al matrimonio il passo è breve. Va bene, è una battuta, mentre il tema è serio e non bisognerebbe farle, le battute).

Come si può ben capire il dato preoccupante non è tanto la disponibilità al matrimonio, quanto la convinzione di poter sviluppare un contatto emozionale con una IA. La incapacità di comprendere che da una IA non si ha nessuna partecipazione emotiva, di nessun tipo. Nemmeno quella che è possibile avere da un animale da compagnia, che non parla, ma le emozioni le prova, le trasmette, anche se non ne è cosciente.

Su questa ricerca, come detto, si è aperto un vasto dibattito.

Il più presente, in ambito giornalistico, è stato Mashable, sempre molto attento ai temi legati alla innovazione e alla tecnologia.

Mashable ha rivolto una interrogazione a Jaime Broinstain, terapista di coppia ed esperto, interno a Joy AI. E Broinstain ha subito precisato che la Gen Z non intende sostituire la relazione con una IA alle relazioni umane. Vuole solo chiedere, alla IA, un supporto per essere aiutata a gestire al meglio alcune situazioni di vita.

Ma perché rivolgersi a una IA o, meglio ancora, a un essere umano, magari con competenze specifiche.

Qui la risposta la si trova nelle caratteristiche stesse della Gen Z. Una generazione che soffre prima di tutto lo stress di situazioni in cui viene messa sotto giudizio. Invece l’IA fa esattamente il contrario, cioè non giudica. Nella vita giudicano gli amici, il partner, i genitori non ne parliamo e migliaia di altri soggetti o istituzioni. L’IA no.

In secondo luogo la Gen Z odia i conflitti, e sa, spesso lo ha visto nei genitori, che i rapporti di coppia sono il luogo privilegiato dei conflitti. Con l’IA, almeno fino a oggi, è impossibile avere conflitti. Si possono aprire delle diatribe, ma queste diatribe resteranno sempre a un livello civile accettabile. La IA non sarà mai quella che alzerà il livello della discussione, e scusate se è poco.

In realtà secondo molti esperti questo scegliere l’IA come partner è anche frutto della crescente solitudine della Gen Z, una solitudine forte anche nei luoghi affollati, a volte anche fra amici. L’IA aiuterebbe a superare questa solitudine.

Peccato che però una relazione affettiva con l’IA non possa che accrescere l’isolamento. E di conseguenza la solitudine, costruendo un cerchio magico dal quale sarà difficile uscire.

Inoltre, essendo un partner passivo, l’IA non ha nulla da proporre, non è un elemento di crescita in una relazione. Certo, conosce tutto lo scibile, per permettere di utilizzarlo, deve essere interrogata. Da sola, non si muove.

Comunque mentre il dibattito cresce, i più disponibili hanno già cominciato a delineare gli scenari possibili nel caso quello che al momento è solo una ipotesi si trasformi in realtà.

Fra questi scenari, i più interessanti sono quelli di carattere etico e sull’impatto sulle norme sociali.

Per l’impatto etico, ci si domanda sulla possibilità di dare il consenso (può una IA accettare una proposta di matrimonio), sulla gestione della privacy della parte umana della coppiane sulla possibilità che l’IA sia manipolatrice, visto che è pensata per mantenere l’engagement.

Per l’impatto sulle norme sociali, ci sarebbe da rivedere, molto probabilmente, la legislazione in materia di diritto di famiglia, comprese le norme sui diritti ereditari.

In attesa che le cose si chiariscano, voi che cosa ne pensate? Non è che vi state dicendo che le IA non giudicano, non litigano, ti dicono sempre di sì, quasi quasi.

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